Home Invasioni Medei e la ‘sua’ Turchia: «Problemi di Covid anche qui, ognuno faccia la sua parte»

Medei e la ‘sua’ Turchia: «Problemi di Covid anche qui, ognuno faccia la sua parte»

di Fabio

E’ l’ambasciatore marchigiano in Turchia. Giampaolo Medei, dopo la pluriennale esperienza francese, ha scelto la scorsa stagione ancora l’estero, reduce dalla stagione e mezzo passata sulla panchina della Lube come head coach. Nell’intervista realizzata da Fabio Petrelli per il Corriere Adriatico, il tecnico descrive l’attuale situazione vissuta dalla serie A turca, che ha dovuto fare i conti con il Coronavirus che ha rallentato il regolare svolgimento della Regular Season.

«Dal punto di vista sportivo questo Covid ci ha reso la vita difficile sin dall’inizio, e mi sono trovato a doverci fare i conti anch’io: sono risultato debolmente positivo ad un tampone, senza accusare sintomatologie particolari. Si temeva potesse essere l’anticamera di una positività vera e propria, ma ai test fatti nei giorni seguenti ed a quelli successivi a cui regolarmente ci sottoponiamo tutte le settimane, sono sempre risultato negativo. Allo Ziraat siamo stati fermi praticamente un mese: prima sono finite in quarantena due nostre avversarie, poi è toccato a noi, sebbene avessimo solo due positivi al Covid. In base ai protocolli, identici a quelli italiani, avremmo potuto scendere in campo, ma la struttura sanitaria di Ankara – in sostanza l’equivalente delle ASL territoriali in Italia – ha preferito tenerci in isolamento due settimane, tenendo anche conto che la nostra squadra giovanile, con cui condividiamo l’impianto, aveva avuto otto casi di positività al controllo di routine».

Intanto, domenica lo Ziraat ha battuto 3-0 lo Sport Toto in un incontro valevole per la quindicesima giornata. Ma per recuperare I match precedentemente saltati, lo Ziraat di Medei sarà costretto a scendere in campo con maggiore frequenza.
«Purtroppo sì – conferma Medei – ed in questo senso, l’allargamento a sedici squadre deciso in estate non ha aiutato. Le difficoltà arrivano dal fatto che, da inizio stagione, non abbiamo avuto tantissime occasioni di schierarci al completo, visto che il Covid sin dalle prime gare ci ha privato di alcuni giocatori, che hanno accusato sintomi perlopiù lievi, ad eccezione del nostro palleggiatore (Arslan Ekşi, regista della nazionale turca ndr) a cui invece il virus ha dato una febbre più alta del normale. Ci siamo dovuti adattare, vincendo anche una partita con in campo l’alzatore diciassettenne della squadra giovanile, che ho dovuto gettare nella mischia dopo un infortunio alla caviglia che ha messo fuori gioco anche la riserva del titolare.
Serve tanta pazienza. E’ così ovunque- prosegue il coach – ma il ‘mal comune mezzo gaudio’ non è una consolazione. E considera che qui allo Ziraat siamo dei privilegiati: un laboratorio di analisi privato ci permette di processare i tamponi molecolari nell’arco di poche ore, garantendo un monitoraggio costante di atleti e staff e risposte in tempi rapidi in presenza di casi sospetti. Quando abbiamo avuto giocatori in isolamento domiciliare, gli è stata recapitata a casa una parte delle attrezzature necessarie a svolgere almeno una parte del lavoro fisico generalmente fatto in palestra. L’organizzazione, insomma, non manca.
Quello che non è normale che ogni allenatore, la mattina, debba sincerarsi con lo staff che i suoi giocatori sentano sapori e odori, che non abbiano mal di testa strani, spossatezza, o piccole alterazioni della temperatura. Si naviga a vista ed è necessario che ognuno faccia la sua parte per portare avanti la stagione. Anche dal punto di vista organizzativo, studiando nuovi format che ‘alleggeriscano’ il torneo: penso alle ‘bolle’, ad un play-off più snello, a calendari ‘dinamici’ che cambiano a seconda delle necessità. Quello che non mi piace è vedere addetti ai lavori che disquisiscono su Rt, curve del contagio e sull’eventualità di fermare o proseguire il torneo. Non spetta a noi deciderlo: ci sono persone preposte a farlo, e penso che la palla vada lasciata a loro. Ognuno ha il suo ruolo, ed il nostro non è quello». 

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